È il nemico numero 1 delle donne con oltre 400.000 casi solo in Italia e un’incidenza di circa 45.000 nuovi casi all’anno. Parliamo del tumore al seno.Un ‘big killer’ implacabile responsabile di circa 11.000 decessi solo nel 2013.
Negli ultimi 30 anni la ricerca ha fatto grandi passi in avanti tant’è che la sopravvivenza continua a crescere costantemente ma è una patologia che non accenna ad arrestare la sua corsa, soprattutto a causa dell’incidenza che nelle donne di età relativamente giovane, inferiore ai 45 anni, è aumentata. Grazie alla prevenzione e al corretto iter diagnostico-terapeutico, oggi in Italia 9 pazienti su 10 sopravvivono, infatti, a cinque anni dalla diagnosi. Ad ammalarsi, sono soprattutto le donne che vivono nel nord d’Italia, anche se al sud ancora molto poche di loro si sottopongono agli esami diagnostici di routine come la mammografia o l’ecografia.
Nella lotta al tumore al seno, a fare la parte del leone saranno le Breast Unit, ovvero centri di senologia certificati in cui siano assicurati i migliori standard di diagnosi e cura di questa patologia. Entro il 2016 sarà completata la costituzione, su tutto il territorio nazionale, di una rete omogenea di Breast Unit.Una svolta per garantire a tutte le donne affette da tumore del seno di qualsiasi natura e grado, l’accesso ad un’offerta sanitaria elevata, in linea con le linee guida internazionali, a favore di una migliore qualità di vita e sopravvivenza delle pazienti.
Proprio nel contesto delle Breast Unit, che Europa Donna Italia ha creato una campagna nazionale di formazione e informazione sul tumore al seno “Diritti al Centro. La qualità della cura dà più tempo alla vita”.
«Europa Donna ha fatto della promozione del modello Breast Unit, – ha dichiarato Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia – fin dalla sua definizione in ambito scientifico, uno dei principali obiettivi della propria missione. L’approccio multidisciplinare e gli elevati standard di assistenza e cura della Breast Unit non solo garantiscono maggiori probabilità di sopravvivenza ma anche una migliore qualità di vita lungo tutto il percorso della malattia, con il supporto specifico delle Associazioni di volontariato. Per loro e per il loro ruolo all’interno della Breast Unit abbiamo sviluppato un programma di formazione. Ma è per tutte le donne che lanciamo oggi questa campagna, affinché tutte conoscano e scelgano la Breast Unit per prevenire e curare il tumore al seno».
Per una paziente con tumore al seno rivolgersi a una Breast Unit significa ‘essere presa per mano’ e avere maggiori chance di essere curata al meglio. Addirittura nelle BU certificate il tasso di sopravvivenza delle pazienti è maggiore del 18%. Ecco perché è fondamentale continuare ad informare e ribadire all’intera popolazione femminile il proprio diritto alla qualità di cura (dalla diagnosi ai trattamenti e fino al follow-up) in caso di tumore al seno.
«Attraverso la ricerca, Roche è stata in grado di mettere a disposizione delle pazienti terapie che – ha spiegato Maurizio de Cicco, presidente e amministratore delegato di Roche – hanno saputo modificare la storia della malattia, riuscendo in molti casi a mettere vicino alla parola ‘tumore’ la parola ‘cura’. Qualcosa di impensabile solo 15 anni fa. Per non rendere vano questo difficoltoso traguardo raggiunto accedendo magari a strutture non completamente idonee, crediamo che le pazienti debbano pretendere la qualità in tutto il loro percorso terapeutico indipendentemente dall’età, dal livello sociale o dal luogo in cui vivano. E questa campagna che ci ha proposto Europa Donna ha proprio questo obiettivo».
Molte le attività previste, nel corso del prossimo anno, dalla Campagna “Diritti al Centro. La qualità della cura dà più tempo alla vita”, per favorire la creazione di un vero e proprio movimento d’opinione, delle donne e per le donne senza distinzione di età e di condizione, che si faccia porta-voce e supporti l’appello-manifesto #vogliamoqualitadicura. Dai talk-show aperti al pubblico in diverse regioni italiane, per favorire l’incontro con gli specialisti che operano all’interno delle nuove Unità di senologia e l’opinione pubblica, alla sensibilizzazione del mondo dello sport, del cinema e della musica italiana che possano, anche loro, farsi portabandiera del messaggio della Campagna. Fino all’evento istituzionale conclusivo, in cui portare all’attenzione del Governo il manifesto firmato da tutte le donne, lo status della Campagna, le sue istanze e i suoi risultati, facendo sentire forte la voce delle donne: dalle pazienti alle care-givers, dalle volontarie che si impegnano nelle Associazioni, alle donne medico e alle infermiere di senologia che operano nelle Breast Unit.
I vantaggi di un team multidisciplinare di specialisti
Le B.U. sono unità multidisciplinari di patologia dedicate alla valutazione diagnostica e terapeutica collegiale di ogni paziente con diagnosi di tumore al seno, in cui operano figure professionali diverse come il radiologo, l’anatomopatologo, il chirurgo senologo e il chirurgo plastico, l’oncologo medico, il radioterapista, lo psico-oncologo, il fisiatra, il medico nucleare, coadiuvati dalla figura dell’infermiera di senologia. Un vero e proprio collegio multidisciplinare, che permette di definire strategie diagnostiche e terapeutiche condivise tra i diversi specialisti.
In questo contesto è fondamentale il ruolo del chirurgo senologo. «Oggi – ha sottolineato Corrado Tinterri, chirurgo senologo Direttore Breast Unit Humanitas Cancer Center Rozzano siamo chiamati ad esercitare una chirurgia ‘gentile’, non più demolitiva come un tempo, ma sempre impegnativa e mai banale. Non dimentichiamo che il 30/35% di tutti i tumori della mammella non sono palpabili, quindi necessitano di una chirurgia conservativa che, però, non vada a discapito delle necessità oncologiche di rimuovere correttamente il tumore. Ecco allora che la chirurgia radioguidata e la medicina nucleare, grazie alla precisa localizzazione e ad accessi chirurgici più adatti, garantiscono risultati eccellenti anche nella rimozione dei carcinomi più piccoli. Inoltre, il chirurgo senologo non deve più essere soltanto lo specialista che interviene in sala operatoria, ma anche un clinico e un ricercatore».
Di concerto con il chirurgo senologo interviene, spesso direttamente in sala operatoria, l’oncologo medico, che è lo specialista che dispone dell’armamentario terapeutico, tra cui individuare il trattamento personalizzato per ogni singola paziente. «L’oncologo medico – ha detto Alberto Zambelli, oncologo AO Ospedali Riuniti di Bergamo – viene coinvolto innanzitutto per la definizione del percorso terapeutico precauzionale post-chirurgico (o adiuvante) ovvero dopo che la paziente ha subito l’intervento chirurgico di asportazione del tumore mammario. Sempre più spesso, però, si viene consultati anche in fase pre-operatoria, dato che ormai siamo a conoscenza dell’importanza dei trattamenti medici prima della chirurgia, in grado di favorire un migliore risultato dell’intervento e un miglior outcome terapeutico. Oggi, infatti, l’armamentario terapeutico di un oncologo clinico si è arricchito di farmaci innovativi, quali gli anticorpi monoclonali e le piccole molecole a bersaglio molecolare, in grado di curare anche le forme più aggressive del tumore della mammella. Si tratta di farmaci innovativi che sono in grado, di ‘spegnere’ i segnali di crescita delle cellule tumorali, rendendo questi tumori meno aggressivi e assicurando alla paziente una prognosi migliore. In particolare, la modalità di somministrazione sottocute di un farmaco quale trastuzumab per le pazienti che iper-esprimono il gene Her2, è meno invasiva rispetto a quella endovenosa, può avvenire in tempi più rapidi, riduce gli effetti collaterali e preserva, rispetto alla modalità di infusione in vena, anche il patrimonio venoso della donna. Ma soprattutto, grazie alla somministrazione sottocute, il farmaco agisce con una modalità simile a quella dei vaccini, stimolando l’attività immunitaria, enfatizzata dal passaggio sottocutaneo del farmaco ove vi è un arricchimento in cellule del sistema immunitario che è fondamentale per distruggere le cellule tumorali».
All’interno di una B.U., a coadiuvare gli specialisti è l’infermiera di oncologia: la figura professionale che ha il compito di seguire la paziente dal momento della diagnosi al follow-up. Il suo ruolo è percepito come sempre più importante, tanto che si stanno attivando degli specifici master per formare queste figure professionali dedicate. «Il ruolo dell’infermiera in un percorso oncologico è quello di prendere in carico il paziente a 360° – ha affermato Laura Orlando, coordinatore infermieristico e case manager presso IEO – a partire dal momento della comunicazione della diagnosi della malattia lungo tutto il percorso di cura che può prevedere sia l’intervento chirurgico sia il trattamento chemioterapico. Fondamentale è offrire alla paziente non solo l’assistenza specialistica per la gestione dei trattamenti ma anche un supporto umano, emotivo e psicologico che le accompagni nell’accettare le trasformazioni del proprio corpo. Penso ad esempio a quelle donne che devono subire interventi molto invasivi come la mastectomia, ma anche a tutte coloro che a causa dei trattamenti devono accettare la caduta dei capelli, testimonianza visibile a tutti della loro malattia. Oltre la fase di ospedalizzazione affianchiamo le pazienti anche all’esterno ad esempio con contatti e assistenza telefonica o accompagnandole presso altri reparti dell’ospedale, in occasione di viste ambulatoriali o di controlli, etc. Si tratta di una presa in carico totale e personalizzata di ciascuna paziente che tiene conto della esigenze specifiche della persona sia sul piano pratico, ad esempio nella gestione della famiglia particolarmente difficile per quelle pazienti con bambini piccoli a casa, sia sul piano emotivo. In questo senso, aiutano molto i nuovi farmaci, più veloci da somministrare, e che hanno permesso di ridurre il tempo di permanenza delle pazienti presso i nostri DH. Questo aiuta le donne a sentirsi “meno malate”, permettendole di conciliare più facilmente la terapia con gli impegni quotidiani e di conseguenza assicurargli una migliorare qualità di vita durante tutto il percorso di cura, che può essere per alcune pazienti anche molto lungo».
La formazione di Europa Donna per le associazioni pazienti
Nell’ambito campagna “Diritti al centro. La qualità della cura dà più tempo alla vita”, Europa Donna Italia ha messo a punto un programma di formazione su tre livelli, che partirà all’inizio del mese di dicembre, finalizzato a ottenere un servizio di volontariato di qualità. Ogni Associazione presente in una B.U. potrà partecipare con una o più volontarie operative all’interno del proprio centro di senologia. A conclusione e completamento del programma, verranno prodotte le “Linee guida dell’Associazione di volontariato operante all’interno di una B.U.”, che indicheranno i parametri ai quali l’Associazione dovrà riferirsi.