Il primo vaccino ad ampia protezione contro il meningococco di gruppo B, messo a punto nei laboratori senesi di Novartis Vaccines, è stato insignito del prestigioso Premio Galeno Italia 2014 per l’Innovazione del Farmaco. Si tratta del più alto tributo in ambito biomedico e farmacologico conferito nel nostro Paese.
«Vincere il Premio Galeno Italia rappresenta un grande privilegio e un importante riconoscimento per il lavoro ventennale di ricerca che ha portato allo sviluppo del vaccino di Novartis nella lotta mondiale contro la malattia meningococcica» ha commentato con orgoglio Rino Rappuoli, responsabile mondiale della Ricerca e Sviluppo di Novartis Vaccines. «Grazie a questo vaccino – ha aggiunto Rappuoli – la speranza è che nessuno debba più subire le conseguenze di una malattia tanto aggressiva e subdola come la meningite da meningococco».
Da tempo, infatti, sono disponibili vaccini in grado di proteggere contro i ceppi A, C, Y e W135 della meningite meningococcica, ma fino ad oggi i tradizionali approcci vaccinali non erano riusciti a individuare una soluzione facilmente disponibile contro il meningococco B, responsabile in Italia di oltre 6 casi su 10 di meningite meningococcica. Rino Rappuoli e la sua équipe di ricercatori sono riusciti a superare questi ostacoli grazie alla messa a punto di una tecnica innovativa per lo sviluppo di vaccini che si basa sul sequenziamento del genoma dei patogeni, un approccio, iniziato dalla collaborazione con lo scienziato Craig Venter, diventato uno standard di riferimento nel mondo della ricerca.
La meningite meningococcica è un’infezione batterica e la principale causa di meningite in Europa, soprattutto tra i neonati, la fascia d’età più esposta al meningococco. È particolarmente pericolosa in quanto attacca le persone sane senza alcun segnale di preavviso e può portare al decesso entro 24-48 ore. Ha una letalità tra il 9 e il 12%, ma in assenza di un trattamento antibiotico adeguato può raggiungere il 50%. I segni e sintomi della malattia sono spesso simili a quelli influenzali, rendendo così difficile la corretta diagnosi negli stadi iniziali dell’infezione e limitando la possibilità di evitare le conseguenze più gravi. Su dieci persone che contraggono la malattia, circa una è destinata a morire anche se sottoposta a cure adeguate e su cinque persone che sopravvivono, una rischia di restare vittima di devastanti disabilità permanenti, quali danni cerebrali, problemi di udito o amputazione di arti.