È una conseguenza dell’osteoporosi severa, ossia quando quest’ultima è causa di una o più fratture, che possono avvenire anche per un minimo sforzo, come il sollevamento di un vaso di fiori, la torsione del busto o un saltello.
La fragilità ossea è responsabile, in Italia, di oltre 280.000 fratture e, in Sicilia, se ne verificano oltre 19.000 all’anno, di cui i 2/3 nelle sole città di Palermo e Catania. Questo numero, però, rimane sottostimato, in quanto include soprattutto le fratture di femore, mentre le fratture vertebrali e del polso non sempre vengono registrate.
L’osteoporosi è una malattia di genere, con un’incidenza maggiore nel sesso femminile, rispetto a quello maschile (rapporto 3:1), e con un’insorgenza dai 50 in poi. Si tratta di una patologia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da un aumentato rischio di frattura, sia per una bassa densità minerale ossea, sia per un deterioramento del tessuto osseo che, come tutto il nostro organismo, è destinato ad invecchiare. Per questi motivi le ossa diventano più fragili e vulnerabili.
«La fragilità ossea – dice il professore Giuseppe Sessa, ordinario di ortopedia e direttore della Clinica ortopedica dell’Università degli Studi di Catania, oltre che vice presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) – è una patologia degenerativa dell’osso che, se non opportunamente trattata, evolve e peggiora. Per questo motivo, è fondamentale che le pazienti vengano visitate da uno specialista, che possa intervenire per prevenire un’ulteriore frattura. Presso il reparto di ortopedia, infatti, generalmente arrivano le pazienti che hanno subìto una frattura del femore, che rappresenta un evento fortemente traumatico, mentre le fratture del polso o delle vertebre vengono trattati in Pronto Soccorso o da un medico di Medicina Generale. Questo significa, soprattutto, che molte pazienti che dovrebbero venire inserite in un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA), in seguito ad una frattura, non hanno questa possibilità e, quindi, rischiano di incorrere in una seconda frattura, possibilmente più grave della prima».
Altri aspetti importanti, per evitare un’ulteriore frattura, oltre ad un corretto PDTA, sono la conoscenza e la prevenzione dei fattori di rischio, l’aderenza alla terapia prescritta e un corretto follow-up con controlli periodici.
Spiega il professore Michele D’Arienzo, Ordinario e direttore della Clinica Ortopedica dell’Università di Palermo: «La frattura del collo del femore è una delle conseguenze più temute della fragilità ossea. Essa, infatti, comporta importanti conseguenze: dal ricovero per l’intervento chirurgico, a prolungati periodi di immobilità, fino a diventare spesso causa di invalidità con perdita del tutto, o in parte, dell’autonomia funzionale. È fondamentale, quindi, che la paziente faccia tutto il necessario per evitarla, assumendo correttamente la terapia prescritta e mettendo in atto semplici misure preventive quotidiane. La maggior parte di queste fratture, infatti, avvengono in casa, per via di inciampi in tappeti, mobili o animali domestici, soprattutto di notte. Questo rischio, infatti, viene aumentato anche dall’età di chi è affetto da fragilità ossea, e dall’eventuale assunzione di farmaci, quali antidepressivi o sonniferi, che diminuiscono il controllo sui propri movimenti e il livello di attenzione».
Riconoscere e prevenire le fratture da fragilità
Dai 50 anni di età, per ogni donna è fondamentale conoscere il proprio rischio fratturativo. Sul sito www.stopallefratture.it è disponibile il Defra Test online, test di autodiagnosi per valutare il rischio personale di fratturarsi nei successivi 10 anni (basso, medio, elevato, molto elevato). A seconda del risultato ottenuto, verranno indicate, per tutte, raccomandazioni e consigli su come prevenire eventuali fratture da fragilità.
La Campagna “Stop Alle Fratture”
‘Stop Alle Fratture’ è un’iniziativa educazionale, realizzata con il supporto non condizionante di Eli Lilly Italia, rivolta alle donne sopra i 50 anni di età per informarle sulle possibili conseguenze dovute alla fragilità scheletrica. L’iniziativa vede il coinvolgimento di prestigiose società scientifiche come la SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro), la SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia), la SIR (Società Italiana di Reumatologia), l’ORTOMED (Società Italiana di Ortopedia e Medicina) e il GISOOS (Gruppo Italiano di Studio in Ortopedia dell’Osteoporosi Severa) e, da quest’anno, anche il GISMO (Gruppo Italiano di Studio Malattie Metabolismo Osseo).