di Valentina Busiello
L’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori “Fondazione Giovanni Pascale”, fondato nel 1933 ad opera del Senatore Giovanni Pascale è oggi un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) di diritto pubblico che, coniugando attività di ricerca (sperimentale e clinica) a prestazioni assistenziali di elevata complessità e qualità, costituisce una tra le più significative realtà sanitarie, in campo oncologico, del Sud d’Italia. L’Istituto Nazionale Tumori rappresenta il centro di riferimento regionale per la diagnosi e cura delle patologie neoplastiche, riconosciuto come Centro Oncologico di Riferimento Polispecialistico (CORP) con funzioni di diagnosi e staging, terapeutiche e di follow-up e Centro Oncologico di Riferimento Polispecialistico a carattere Scientifico (CORPUS) a cui, sono attribuite anche altre funzioni peculiari nella rete oncologica della Regione Campania.
Le competenze distintive di ciascuno si uniscono in un mirabile gioco di squadra il cui funzionamento si individua nel motto: 1+1=3, quando c’è sinergia, il risultato finale è maggiore della somma dei singoli componenti. Il Direttore Generale dell’Istituto, Attilio Bianchi, afferma: “Essere Direttore Generale del Pascale è innanzitutto un onore, e l’onere che ne deriva ogni giorno, forse ogni istante, viene compensato dall’orgoglio di poter rappresentare una comunità profondamente legata da obiettivi comuni, dall’amore per la ricerca, dalla profondissima umanità. Siamo alla ricerca di soluzioni sempre più innovative e sempre più orientate alla centralità del paziente e sempre più spesso, dobbiamo contenere l’entusiasmo per esserci riusciti “.
L’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Oncologica della Tiroide, è Centro di Riferimento Regionale per il trattamento delle Patologie Tiroidee e Paratiroidee. L’attività chirurgica è focalizzata sul trattamento delle neoplasie tiroidee maligne localmente avanzate, sui microcarcinomi, sui tumori midollari e sui noduli tiroidei indeterminati.
Abbiamo intervistato il dottore Luciano Pezzullo, direttore della Struttura Complessa Chirurgia Oncologica della Tiroide dell’Istituto Nazionali di Napoli, che afferma: “Dobbiamo avere come obiettivo comune il miglioramento degli standard di cura, che si ottiene attraverso un approccio globale al paziente portatore di tumore tiroideo”. “Il paziente deve essere al centro della nostra attenzione, lungo tutto il percorso dalla diagnosi alla terapia, alla guarigione che, per quanto attiene i tumori tiroidei è un obbiettivo che si raggiunge nella quasi totalità dei pazienti”.
Le novità in tema di tumori della tiroide?
“Secondo dati epidemiologici recenti, nei prossimi anni il carcinoma alla tiroide diventerà, nei Paesi economicamente più sviluppati, il secondo tumore più frequente nelle donne dopo quello del seno. Fortunatamente si tratta, nella stragrande maggioranza di casi, di piccoli tumori, cosiddetti “microcarcinomi” assai poco pericolosi che vanno spesso tenuti sotto osservazione senza intervenire chirurgicamente, per non sottoporre inutilmente i pazienti alle conseguenze indesiderate delle terapie. Questo approccio è possibile perché il microcarcinoma tiroideo è un tumore molto indolente, ovvero ha un decorso clinico molto lento a volte completamente silente, che non cresce e non si diffonde, io dico ai miei pazienti: non si preoccupi è un tumore “dormiente”.
Perché il grande incremento dei tumori tiroidei?
“In realtà nessuno sa con certezza perché il tumore tiroideo è quello che negli ultimi dieci anni ha accresciuto la sua incidenza più degli altri tumori. Vi sono teorie che correlano questo dato con fattori ambientali, alimentari, o altre cause, in verità si potrebbe trattare di una motivazione multifattoriale in cui la sovraesposizione diagnostica è la più rilevante. Mi spiego meglio la “overdiagnosis”, come dicono gli Autori anglosassoni, è dovuta ai programmi di screening, al miglioramento dei mezzi diagnostici soprattutto dell’ecografia. Attualmente, la popolazione si sottopone molto più di prima ad indagini diagnostiche. Infatti, grazie a controlli eseguiti spesso per altre patologie, come l’ecocolordoppler, per la valutazione dei vasi sanguigni sovra-aortici, oppure controlli senologici, ovvero diagnostica pesante come la PET per il follow-up di neoplasie maligne ci si imbatte incidentalmente in piccoli tumori a uno stadio molto precoce che, nella maggior parte dei casi, non sarebbero stati evidenziati”.
Quindi, i programmi di screening per i tumori tiroidei non sono indicati?
“È esattamente così. Mentre gli screening sono fondamentali per alcuni tipi di tumori come il colonretto o, per esempio, la cervice uterina ovvero per la patologia mammaria, per la tiroide sono da proscrivere. Sulla base delle nuove evidenze tutte le Società Scientifiche sia nazionali che internazionali sono concordi nel ritenere inutili se non dannosi i programmi di screening per la patologia tiroidea, eccezion fatta per sottogruppi di popolazione per esempio soggetti che hanno avuto parenti, collaterali o ascendenti, già affetti da carcinoma tiroideo ovvero che per altri motivi hanno subito nell’infanzia o nell’adolescenza un’irradiazione del collo. Bisogna, quindi, impegnarsi in campagne di informazione e di sensibilizzazione sui segni clinici di allarme che possono indicare una patologia a carico della tiroide. Sono i medici di Medicina Generale il “Front Office”, cui il paziente deve rivolgersi per iniziare un eventuale percorso diagnostico”.
E in cosa consiste questo percorso?
“Il gold standard per la diagnosi di carcinoma tiroideo è l’agoaspirato ecoguidato. Anche su questo aspetto vi sono alcune novità relative sia all’ecografia che all’agobiopsia. Per quanto attiene l’ecografia, sulla scia del progresso tecnologico, la qualità degli apparecchi ecografici ha raggiunto livelli non immaginabili anche dieci anni fa. E’ un po’ quello che accaduto negli oggetti di uso comune basti pensare ai nostri telefoni portatili, dieci anni fa, ci si faceva le telefonate oggi si può fare di tutto. Gli apparecchi ecografici attuali scovano lesioni piccolissime ed individuano con grande precisione le caratteristiche di malignità del nodulo. Hanno softwer molto accurati che in pratica fanno la diagnosi. Tuttavia, non tutti i noduli, ancorché sospetti vanno punti”.
In che senso?
“Nella stesura delle nuove Linee Guida prodotte dalle sei Società Scientifiche Mediche e Chirurgiche Italiane coinvolte nel trattamento nel trattamento del carcinoma tiroideo a cui anche il Pascale ha partecipato, sono stati stabiliti i criteri che indicano la necessità di procedere, sulla base del rischio di malignità, all’agobiopsia. Per esempio i noduli di dimensioni inferiori al centimetro non vanno punti a meno che non siano localizzati in particolari posizioni nella ghiandola. I noduli con dimensioni superiori vanno punti solo se presentano significative caratteristiche ecografiche di rischio”.
Questi protocolli vengono seguiti uniformemente in tutto il territorio regionale?
“Purtroppo no, tuttavia, gli standard di diagnosi e cura, in patologia oncologica in Regione Campania stanno migliorando in maniera straordinaria, ma come in tutte le cose ci vuole tempo. A marzo di quest’anno la Regione ha approvato il Protocollo Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per il carcinoma tiroideo alla cui stesura hanno partecipato le più importanti Istituzioni Regionali sia di estrazione Universitaria che Ospedaliera. A noi, ora, tocca il compito dii diffonderle e di farle applicare in maniera uniforme nella rete territoriale ed ospedaliera.
Quali altri progressi può segnalarci?
Sempre in tema di agoaspirato, oggi in Regione Campania, abbiamo un Consorzio, promosso dal Dipartimento di Medicina dell’Ateneo Federiciano, denominato TIRNET, a cui partecipano le più importanti Istituzioni, che consente una caratterizzazione molecolare del nodulo attraverso l’identificazione di alcuni geni mutati direttamente sul campione di agoaspirazione. Ciò permette di indirizzare il Clinico ad un trattamento più appropriato.
E in tema di Chirurgia, quali sono le novità?
La chirurgia mini-invasiva videoassistita, non è più una novità essendo praticata da più di 15 anni. Col tempo la chirurgia della tiroide è diventata, io dico, “gentile”. Le incisioni sono diventate sempre più piccole, il gesto chirurgico sempre più delicato, e in una platea di pazienti prevalentemente di sesso femminile, prevalentemente giovane questo non guasta. Inoltre, la chirurgia tiroidea, dopo un ventennio di asportazioni totali della ghiandola sta divenendo sempre più conservativa, permettendo, a parità di risultati in termini oncologici, di risparmiare parte della ghiandola consentendo a questi pazienti una migliore qualità della vita. Un’altra novità è il neuromonitoraggio delle strutture nervose. Si tratta di una metodica, che nella nostra Struttura viene impiegata routinariamente in tutti gli interventi sul collo. Consente di verificare il passaggio della corrente nelle strutture nervose responsabili del movimento delle corde vocali e nei muscoli impiegati nella deglutizione. Questa metodica rappresenta un approccio importante per ridurre il rischio di danni alla voce e alla deglutizione che in passato erano alquanto rilevanti nei pazienti sottoposti a tale chirurgia.
Quali sono gli studi in corso in questa patologia?
Abbiamo numerosi e importanti studi sul carcinoma midollare, sui noduli tiroidei cosidetti indeterminati, sui carcinomi tiroidei avanzati, sugli interferenti endocrini, e sulla qualità della vita nei pazienti sottoposti a chirurgia. Ci vorrebbero pagine e pagine per parlarne, ma quello a cui attualmente sono più affezionato è un Trial denominato: “Microcarcinoma papillare: Osservazione versus Chirurgia”. Si tratta di uno studio sperimentale, noprofit , prospettico, a due braccia censito anche da un organismo regolatorio internazionale Statunitense (Clincaltrial.gov). Il concetto è quello che i piccoli tumori papillari di dimensioni inferiori ai 13 mm possono essere osservati per valutare effettivamente se l’intervento chirurgico è veramente necessario. E’ una visione innovativa della patologia oncologica tiroidea.
Da quello che ci ha raccontato la Struttura che dirige è una vera “Eccelenza” ….
Desidero a questo proposito citare un Collega del Pascale, Insigne Clinico e grande Chirurgo: il dott. Franco Ionna, Presidente dell’Associazione dei Chirurghi Otorini Ospedalieri. Egli afferma: ”L’eccellenza non si inventa in un giorno, ma si costruisce, non è un colpo di fortuna”. Noi da parte nostra, lavoriamo da anni, con passione ed umiltà, tenendo chiaramente in mente il mantra del nostro Direttore Generale, Attilio Bianchi: “1+1= 3”. Si ringrazia per la collaborazione l’Ufficio Stampa la Dottoressa Cinzia Brancato.