ROMA (ITALPRESS) – In Italia si stima un totale di circa 130mila pazienti affetti da patologie autoimmuni afferenti all’area della reumatologia, della gastroenterologia e della dermatologia che non accedono alle cure biologiche giudicate adeguate alla loro condizione clinica. Il dato è emerso nel corso del convegno organizzato dall’Italian Biosimilars Group di Egualia, con la partecipazione delle società scientifiche Sir, Ig-Ibd e SideMast, delle associazioni dei pazienti Apmarr, Anmar, Amici e Adipso e di rappresentanti del mondo istituzionale. L’evento ha rappresentato il punto di sintesi di un percorso avviato quattro anni fa dalle aziende rappresentate dall’Italian Biosimilar Group di Egualia per quantificare ed evidenziare i fenomeni di sotto trattamento con farmaci biologici esistenti nel nostro Paese in tre grandi aree terapeutiche: reuma, gastro e derma.
“In tutte le aree terapeutiche interessate i biosimilari hanno garantito l’accesso al trattamento a un numero sempre più ampio di pazienti ma non è abbastanza visti i numeri che sono emersi da quattro anni di indagini”, ha commentato Stefano Collatina, coordinatore dell’Italian Biosimilars Group di Egualia, che ha commissionato gli studi. “Il risparmio generato dovrebbe consentire a più pazienti di essere trattati all’interno del budget esistente mentre grazie agli accordi di gain sharing gli ospedali e i centri prescrittori potrebbero trattenere almeno parte del risparmio ottenuto grazie alla concorrenza generata dai farmaci biosimilari per destinarlo proprio ad incrementare l’accesso al trattamento nelle aree terapeutiche dove è stato generato e dove emergono evidenze di sotto trattamento. I relativi indicatori – ha aggiunto – possono essere facilmente elaborati mediante una dashboard già messa a disposizione presso un campione di Aziende sanitarie locali, affiancando gli indicatori di monitoraggio della spesa. Il nostro obiettivo è quello di condividere i risultati ottenuti per far sì che questo strumento possa essere adottato a livello nazionale a beneficio di tutti i pazienti oggi non coinvolti nelle cure. Per questo – ha concluso Collatina – vorremmo che l’Agenas e il ministero della Salute si facessero promotori di un osservatorio permanente di monitoraggio del fenomeno con le Regioni, affinchè le best practices sul modello del gain sharing diventino la risposta concreta ai pazienti almeno in queste aree terapeutiche”.
Secondo l’ultimo Report realizzato dall’Ufficio studi Egualia nel 2021 le 15 molecole biosimilari in commercio hanno assorbito il 43% dei consumi nazionali (35% nel 2020) contro il 57% (65% nel 2020) detenuto dai corrispondenti originatori. Complessivamente nell’arco del 2021 i prodotti biosimilari hanno registrato una crescita dei consumi del 26,9% rispetto ai dodici mesi precedenti mentre si è registrata una contrazione del 13,5% delle vendite di tutti gli altri farmaci biologici. Cinque le molecole protagoniste del sorpasso nelle vendite di biosimilare rispetto al biologico originatore. Primo in classifica Filgrastim biosimilare (farmaco essenziale per i pazienti in chemioterapia citotossica), i cui biosimilari in commercio hanno assorbito il 96,54% del mercato della molecola a volumi, contro un residuale 3,46% ancora detenuto dall’originator. Seguono gli anticorpi monoclonali Infliximab (93,42% del mercato a volumi) e Rituximab (93,08%), le Epoetine (91,34%) e Adalimumab (83,67%). Ampiamente diversificato il quadro dei consumi a livello regionale. Tenendo conto del mercato riferito alle nove molecole in commercio da almeno 3 anni, in testa ai consumi sono Valle d’Aosta e Piemonte (82,4%). Fanalino di coda Lombardia (29,4%), Puglia (32%), Trentino-Alto Adige (44,1%).
(ITALPRESS).
-foto agenziafotogramma.it-
24 Maggio 2022
di Redazione AZS