ROMA (ITALPRESS) – Il grasso autologo, cioè il grasso presente nei depositi di ogni individuo, è ricco di cellule staminali mesenchimali, in grado di favorire la rigenerazione dei tessuti molli. A questo scopo, il grasso autologo viene prelevato, sottoposto ad appositi trattamenti, e quindi trasferito nei punti del corpo del paziente nei quali si vuole dare il via a un processo rigenerativo, sia a scopo estetico che ricostruttivo. La tecnica del lipofilling è utilizzata ormai da diversi decenni, con tante differenziazioni in base al risultato che si vuole ottenere, e rappresenta una delle frontiere più promettenti della medicina e chirurgia rigenerativa. Sono questi alcuni dei temi trattati dal professor Valerio Cervelli, direttore della cattedra e della scuola di specializzazione in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e direttore dell’unità operativa complessa di chirurgia plastica e ricostruttiva del policlinico Casilino – Asl Roma, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Oggi è cambiato l’utilizzo del tessuto adiposo, in particolare delle cellule staminali tratte da esso – ha esordito – Il tessuto adiposo è il più grande contenitore di staminali del nostro corpo: rispetto a quando era considerato un pannicolo esterno amorfo, oggi sappiamo invece che è un contenitore di cellule staminali che tanto piacciono a tutti, è come un organo adiposo – ha sottolineato Cervelli – Noi chirurghi plastici lo utilizziamo nei nostri interventi, persino in quelli al naso, per la chirurgia della mammella, per le ferite complesse, ma lo usano anche i chirurghi generali per diversi scopi”. Sul lipofilling: “Lo utilizziamo sulla chirurgia del volto per il ringiovanimento facciale, ma anche per la mammella e la sua ricostruzione – ha spiegato il professore – La grossa innovazione è aver utilizzato il tessuto adiposo con tecniche ibride. Il classico esempio di ibrido è il mulo, un mix tra le migliori caratteristiche di asino e cavallo, ci piace dire che la chirurgia ibrida unisce le forze e dà risultati superiori”.
“Il nanofat è un contenitore di cellule staminali, il microfat lo utilizziamo in chirurgia per piccole rifiniture, il macrofat per volumi più importanti – ha approfondito Cervelli scendendo nei dettagli – E oggi si sente sempre più parlare di trattamento con tessuto adiposo arricchito di cellule staminali”. Per quanto riguarda la chirurgia della mammella con innesto di grasso: “L’innesto di grasso nella mammella come rifinitura oggi è considerato un must, per aumentare la copertura di tessuto adiposo sugli impianti protesici messi sia per finalità estetiche che ricostruttive, o anche utilizzato senza protesi per aumentare fino a una taglia-una taglia e mezzo – ha commentato – Tutta la chirurgia ricostruttiva della mammella con tessuto adiposo è anche conveniente a livello di sistema sanitario nazionale”. Sulla conservazione del grasso, invece, c’è ancora qualche perplessità: “Allo stato attuale ho qualche riserva, il miglior contenitore è proprio il nostro corpo – ha ribadito – Comunque, esistono studi avvalorati da prove scientifiche sulla possibilità di conservare il nostro tessuto”.
“Per esempio – ha aggiunto – per la ricostruzione di una mammella, per cui servono due-tre infiltrazioni, possiamo fare un prelievo iniziale in cui abbanchiamo il tessuto adiposo e poi lo utilizziamo a più riprese in futuro senza sottoporre la paziente a nuovi prelievi, dunque con meno invasività, però è più costoso a livello di sistema sanitario nazionale, quindi ai posteri l’ardua sentenza”. Infine, sulla crescita della chirurgia rigenerativa negli ultimi anni: “Rispetto a cinque anni fa oggi facciamo molto di più – ha concluso il professore – Come in tutte le cose c’è l’effetto luna di miele, che però nella chirurgia rigenerativa non è ancora finita”.
– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).