Di solito sono persone anziane, ultrasessantacinquenni, e con una lunga storia di malattia. Nella maggior parte dei casi non soffrono solo di BPCO, ma si trovano ad affrontare altre patologie croniche, soprattutto cardiologiche. E spesso vengono ricoverati in ospedale. Ma anche una volta dimessi la loro situazione non cambia di molto e si trovano ad essere poco aderenti alle cure, entrando in un circolo vizioso che finisce per avere gravi ripercussioni sulla salute e sulla qualità di vita.
Per questi malati, circa il 41% dei 2 milioni e 600 mila persone con una diagnosi di BPCO in Italia, oggi c’è un’opportunità terapeutica in più: un nuovo broncodilatatore, umeclidinio, in tripla associazione con la formulazione precostituita contenente fluticasone furoato e vilanterolo. La novità assoluta è che si tratta della prima “triplice” terapia studiata e sperimentata appositamente per le condizioni più severe di BPCO ed è indicata per quei pazienti che hanno frequenti riacutizzatori, e per i quali la combinazione di corticosteroidi e β2-agonisti a lunga durata d’azione non è più sufficiente ad evitare la mancanza di fiato. La nuova terapia ha determinato miglioramenti clinicamente significativi. In particolare, la tollerabilità cardiovascolare in questi pazienti (generalmente affetti da diverse cardiopatie o fattori di rischio cardiovascolare) non ha evidenziato alcun aumento di eventi cardiaci indesiderati.
Giusto per inquadrare il problema: la BPCO colpisce circa 65 milioni di persone in tutto il mondo di cui 2 milioni e 600 mila in Italia. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno questa patologia è causa di 3 milioni e 280 mila morti (pari al 5,8% di tutti i decessi). E stima, inoltre, che questi numeri siano destinati ad aumentare di oltre il 30% nel corso dei prossimi 10 anni, quando la Bpco salirà sul podio come terza principale causa di morte nel pianeta. In Italia, colpisce tra l’8 e il 12% della popolazione adulta.
I fumatori sono i più a rischio: nel 20-40% raggiungono la malattia conclamata. In questi soggetti, l’incidenza della BPCO e delle complicanze cardiovascolari aumenta esponenzialmente. Dal punto di vista economico le due principali malattie respiratorie, asma e bpco, costano al Servizio sanitario nazionale circa 14 miliardi di euro all’anno: di fatto 1 punto di PIL.