La magnetoterapia un’arma contro i disturbi ossei e muscolari


MILANO (ITALPRESS) – La magnetoterapia è una terapia fisica strumentale, non farmacologica, utilizzata per contrastare l’artrosi, i dolori articolari e l’osteoporosi, oltre che per facilitare e rendere più veloce il recupero in caso di contratture, distorsioni e fratture. L’origine di questo approccio risale addirittura all’antica Grecia e i fondamenti scientifici per la sua applicazione sono stati posti nella seconda metà dell’800. La magnetoterapia utilizza i campi elettromagnetici che svolgono un’azione antinfiammatoria e antalgica, utile per combattere disturbi ossei e muscolari. Agisce direttamente sulle cellule, aumentandone gli scambi e quindi dando nuova energia, è sicura, non ha effetti collaterali e può essere fatta a casa propria e addirittura in movimento, grazie allo sviluppo della tecnologia che ha reso i dispositivi addirittura indossabili. Sono questi alcuni dei temi trattati da Emilio Battisti, specialista in reumatologia e impegnato nel dipartimento di scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“La magnetoterapia è una tecnica fisioterapica che utilizza i campi elettromagnetici a bassissima frequenza per fini terapautici, dove la componente magnetica è di gran lunga prevalente su quella elettrica – ha esordito il professore – A differenza di altre tecniche di fisioterapia, non si ha produzione di calore perchè non aumenta la temperatura. Si generano correnti indotte all’interno del corpo che cessano terminando il trattamento – ha aggiunto Battisti – Ci sono modificazioni all’interno della membrana cellulare e c’è una particolare efficacia con effetto antalgico e antinfiammatorio. Con ulteriori studi, partendo da quello su fratture e dolore, è stato visto l’effetto antinfiammatorio, sull’osso, sulla cartilagine, sui globuli bianchi e su vari altri meccanismi come circolazione e stimolazione della crescita dei tessuti”, ha sottolineato parlando dei benefici di una terapia che risale, in forma embrionale, addirittura a millenni fa.
“Si risale all’antica Grecia per i primi trattamenti. Nell’antichità si conosceva la magnetite, questo materiale attirava il ferro e il principio attivo dei magneti è avere due poli opposti che si attraggono – ha ricordato – Nel 1820 poi si vide che una corrente elettrica può generare un campo magnetico”. E sulle patologie che si possono trattare con la magnetoterapia: “Patologie delle ossa, delle articolazioni, dei muscoli. Dall’artrosi alla tendinite, passando per la fibromialgia, la lombosciatalgia. E c’è la sindrome del tunnel carpale, dove è molto efficace la magnetoterapia. Io ho curato più di 200 pazienti, soprattutto nella forma primitiva – ha raccontato Battisti – E’ una malattia dovuta alla compressione del nervo mediano, si ha un’alterazione di sensibilità e forza, nelle fasi avanzate si ha l’ipertrofia sotto la base del polso, rende difficile anche prendere un piatto o una tazzina. Prima c’era solo l’intervento chirurgico, talvolta non risolutivo. La mia esperienza per dimostrare l’efficacia si ha nelle forme non troppo avanzate: abbiamo visto che c’è un recupero fino alla ripresa funzionale del nervo – ha rivendicato – Nelle forme più avanzate, invece, con la magnetoterapia si può anche aiutare la buona riuscita dell’intervento”.
“Gli studi ci permettono di utilizzare terapie mirate con apparecchi innovativi che possono agire su tutte le persone: bisogna a questo punto, e ci si riesce, personalizzare la terapia – ha riconosciuto – I campi magnetici utilizzato campi a frequenza fissa con forma d’onda sinusoidale e con intensità piuttosto bassa. Comporta che gli apparecchi debbano avere tanti programmi specifici per ogni tipo di patologia, ma succede che non sono personalizzati rispetto a chi si va a trattare – ha spiegato Battisti – Avere questo codice fisso è limitativo, rispetto a poter avere un codice variabile con cui si hanno dei segnali elettromagnetici ad ampio spettro che aumentano la possibilità di risposta dei pazienti. Quando ci sarà una varietà di stimoli, a quel punto si andrebbe ad agire meglio e ci sarebbe una migliore risposta, sia sul dolore acuto che su quello cronico – ha concluso – Questo ci permetterebbe anche di prolungare il beneficio della terapia”.

– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).

Pubblicato da: Redazione AZS

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