Carlo Molino, il chirurgo dell’”Ospedale nella foresta”


di Valentina Busiello

L’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale I e Chirurgia del Pancreas, dell’’Azienda Ospedaliera AORN Antonio Cardarelli, ha come direttore il professore Carlo Molino, un professionista fedele ai valori dell’etica, della deontologia, e con spiccato senso umanitario.

Il Cardarelli viene considerato l’Ospedale di Napoli ed è un’eccellenza del nostro Mezzogiorno, per tutte le branche mediche e specialistiche.

Il Professore Carlo Molino ha eseguito migliaia di interventi chirurgici di chirurgia generale, oncologica e mini-invasiva avanzata (laparoscopica e robotica), oltre ad essere uno dei massimi esperti in Italia di chirurgia pancreatica.

È fra i primi in Italia e nel mondo ad utilizzare l’elettroporazione irreversibile (IRE) nel trattamento del carcinoma del pancreas localmente avanzato ed è stato il primo nel centro-meridionale ad aver realizzato il trapianto di cellule di Langerhans, le cellule che secernano l’insulina e che quindi regolano il livello glicemico nel sangue.

“Abbiamo realizzato l’auto-trapianto, nei pazienti normoglicemici sottoposti ad intervento chirurgico di asportazione del pancreas distale. Sono state separate e preparate con particolari procedimenti di laboratorio le cellule di Langerhans, che sono state infuse, il giorno dopo, per via portale nel fegato permettendo ai pazienti di non divenire diabetici”, dice Carlo Molino.

Molino vive quotidianamente un rapporto unico con i pazienti, pronto ad ascoltarne le esigenze e ad assisterli anche a distanza, rispondendo al telefono in tutte le ore del giorno.

Professore Molino, ci affascina ascoltare la sua storia professionale, può accennarla?

Prof. Carlo Molino

“Ho iniziato da laureando a frequentare l’Istituto di Semeiotica Chirurgica della II Facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli diretta dal professore Francesco Mazzeo da cui ho appreso i primi insegnamenti di chirurgia.

Negli anni a seguire mi sono specializzato in Chirurgia Generale con il professore Giuseppe Zannini e ho iniziato la mia carriera ospedaliera, in qualità di vincitore di concorso, presso l’ASL 42 per poi trasferirmi al Cardarelli. Sono stato fra i pionieri della chirurgia laparoscopica, e dal 2006, grazie al mio secondo Maestro, il professore De Sena, ho iniziato ad approfondire, con estremo interesse, la chirurgia pancreatica.

Ho seguito diversi stages all’estero dove ho conseguito un’altra specializzazione. Socio di diverse società scientifiche (ACOI, SIC, SIPAD) e presidente di diversi Congressi Nazionali e di interesse Internazionale, sono anche estensore di numerose pubblicazioni.

Nel sociale, sono presidente di una ONLUS che ha costruito due ospedali in Africa; uno in Kenia in piena foresta e uno in Tanzania. In entrambi gli ospedali  l’associazione ha svolto la triplice funzione di gestione, assistenza ai malati e formazione del personale indigeno a cui, negli ultimi anni, sono stati affidati interamente le due strutture ospedaliere.

Abbiamo anche portato a termine diversi progetti sul territorio italiano portando i “non vedenti” dell’Istituto Colosimo di Napoli a conseguire il diploma di subacquea e a conoscere l’archeologia marina. 

Abbiamo contribuito, grazie ad un ambulatorio mobile di nostra proprietà, a vaccinare durante l’epidemia da COVID i cittadini residenti in zone di difficile accesso del casertano e del salernitano.

Al momento è in realizzazione un progetto di prevenzione ed informazione sulle patologie oncologiche da effettuare nelle maggiori piazze cittadine”.

Il suo concetto di chirurgia?

È una delle professioni più belle ed importanti al mondo, che si identifica, a mio avviso, in una vera e propria “arte” poiché la chirurgia è una miscela fra conoscenza, preparazione tecnica e capacita individuale. Non si può essere medico se non si ha una predisposizione alla visione umana ed etica della vita”.

Di recente sentiamo molti uomini e donne malati di tumore al pancreas.

Purtroppo è aumentata l’incidenza. Le motivazioni sono molteplici: dall’incrementarsi dei fattori di rischio, al contatto con fattori cancerogeni ambientali, oltre all’inevitabile incremento percentuale della popolazione che invecchia sempre di più.

Il tumore del pancreas è attualmente la quarta causa di morte, ma nel 2030 si stima che sarà la seconda causa di mortalità.

Il Cardarelli ed in particolare l’Unità Operativa da me diretta è un Centro di riferimento in Campania per la chirurgia del pancreas.

Con grande onore all’ultimo Congresso Nazionale della Società di Chirurgia Italiana (SIC) siamo stati invitati ad essere fra gli estensori, insieme a specialisti di tutto il mondo, di nuove linee guida sul trattamento del tumore del pancreas localmente avanzato”.

Quali markers si utilizzano per valutare l’aggressività del tumore pancreatico?

“Attualmente è utilizzato il marker CA 19-9 estremamente utile per valutare l’aggressività biologica del tumore, per monitorare la sua evoluzione nel tempo e la risposta terapeutica al trattamento chemioterapico e chirurgico.

Credo che nel futuro, gli studi sulla genetica e sulle mutazioni daranno un grosso contributo al trattamento delle neoplasie del pancreas, potendo giungere ad una terapia sempre più personalizzata”.

In che percentuale è operabile il tumore del pancreas?

“Solo nel 20% dei casi è operabile come prima soluzione. Le motivazioni sono anatomiche, biologiche e cliniche. Nella maggior parte dei casi possiamo sostenere che ci troviamo di fronte a una malattia sistemica. Pertanto la sua cura prevede una perfetta integrazione fra chemioterapia e chirurgia. Quasi sempre il migliore trattamento prevede, ab initio, la chemioterapia cosiddetta neoadiuvante e dopo, se non vi è stata progressione di malattia, la chirurgia.

L’importanza della Robotica nell’ambito chirurgico?

“La Robotica è una tecnica che magnifica la visione delle strutture anatomiche, riduce alcune limitazioni della mano del chirurgo, permettendo una precisione estremamente elevata. Questo si traduce in un intervento oncologicamente radicale associato a un minor trauma per il paziente li ove è possibile utilizzare questa tecnica. La chirurgia del pancreas interessa generalmente due porzioni della ghiandola. Il corpo-coda o la porzione cefalica. La chirurgia del corpo-coda da anni si effettua con tecnica mini- invasiva (laparoscopica o robotica) mentre la chirurgia della testa solo negli ultimi anni, per la sua elevata complessità anatomica) ha visto l’introduzione della tecnica robotica. Noi siamo stati i primi in Regione Campania ad effettuarla”.

I vantaggi della Chirurgia Robotica?

“Sono la precisione chirurgica, la mini invasività, il minor trauma parietale che si traduce in una migliore risposta del paziente con un effetto sull’attività immunologica e sulla ripresa precoce dell’attività. Non esclude però i rischi e le complicanze insite in questa chirurgia. È, pertanto, una tecnica che può migliorare alcuni aspetti della chirurgia pancreatica”.

Come si può prevenire il tumore al pancreas?

“Non abbiamo, al momento, test di screening come può essere per il tumore al colon, il sangue occulto nelle feci, oppure il PSA per il tumore alla prostata.

La prevenzione primaria può essere realizzata seguendo corrette abitudini di vita, seguendo uno stile di vita sano, evitando il fumo e ricorrendo al medico in presenza di una sintomatologia sconosciuta, oltre a monitorare eventuali patologie pre-neoplastiche, recandosi dagli specialisti della materia”.

Quali obiettivi si prefigge nell’immediato e nel futuro?

“Uno dei miei principali obiettivi in questi ultimi anni è la riduzione della mobilità passiva, che non ha motivo di esistere in quanto al Cardarelli e in altre realtà sanitarie regionali si tratta in modo esaustivo la patologia pancreatica.

In particolare, trattiamo tutta la chirurgia pancreatica sia del corpo-coda che della testa del pancreas con tutte le tecniche, dalla chirurgia tradizionale alla chirurgia robotica. Sogno nel cassetto è realizzare al Cardarelli il trapianto di pancreas.

I suoi allievi, tirocinanti?

“Credo che il dovere di un Primario sia quello di insegnare, trasmettendo il proprio “sapere” e la passione, con la speranza che l’allievo superi il maestro e, in tal caso, si è raggiunti il massimo del successo come chirurghi e come uomini”.

Cosa significa fare il Medico?

“È una professione che si sceglie in primis per passione, e se non c’è passione meglio non farla, poiché arrivano i momenti difficili e solo con la passione si può andare avanti e continuare il percorso.

Di fondamentale importanza è creare una sinergia tra paziente e medico, una sorta di imprinting di fiducia e affidamento, come il tenersi la mano in un percorso fatto insieme e dove solo la fiducia e la consapevolezza del reciproco desiderio di guarigione permette di superare anche i momenti difficili e le complicanze inevitabili”.

Ha scritto anche dei libri?

“Ho scritto due libri; THARAKA-UN OSPEDALE NELLA FORESTA, in collaborazione con Bruno Santoro e Giorgio Giaccaglia, per raccogliere fondi per la costruzione del padiglione di pediatria dell’ospedale e poi scrivo poesie da quando ero ragazzo ed alcune le ho raccolte in un libro intitolato ANIMA, e il titolo dice tutto”.

Pubblicato da: Redazione AZS

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