di Giuseppe Montalbano
Affiancare la parola adolescenza all’osteoporosi sembrerebbe un azzardo scientifico, un’esagerazione del concetto di prevenzione, tanto caro a noi pediatri. Quando si parla di osteoporosi, cioè di perdita più o meno graduale del contenuto di calcio nelle ossa, si pensa subito ed esclusivamente alla donna in menopausa. Dobbiamo però tener presente che, nel giro di circa 18-20 anni, i nostri piccoli saranno già dei giovani adulti. Al centro di questa crescita, un ruolo importantissimo viene svolto dalla vitamina D. Recenti studi, alcuni in attesa di conferme, la considerano una sostanza capace non solo di favorire la deposizione del calcio nelle ossa, ma anche di aiutare il sistema immunitario, sia nel renderlo più efficiente, sia nel migliorare quegli squilibri immunitari che portano ad allergie e malattie autoimmuni.
L’organismo umano è capace di produrre vitamina D, attraverso un meccanismo di stimolazione dei raggi solari con la cute, ma spesso questa interazione non è sufficiente ed allora bisogna aumentarne l’apporto tramite i cibi che la contengono (ad esempio, l’olio di fegato di merluzzo), oppure con l’assunzione di prodotti che la contengono.
Il patrimonio osseo di un individuo si completa e si perfeziona nell’adolescenza ed è in questo periodo che non bisogna abbassare la guardia. Purtroppo, molti giovani vivono più di notte che di giorno: preferiscono i giochi al computer o elettronici ad una sana corsa in bici o ad una partita al pallone, all’aria aperta e sotto i benefici raggi solari, e, men che meno, si convincono ad assumere vitamine a scopo preventivo.
Considerati i danni che l’osteoporosi provoca a livello mondiale, credo che un grosso impegno che la classe medica in generale e quella pediatrica in particolare devono assumersi, è quello di promuovere campagne a favore di una corretta profilassi con vitamina D.