Nuovi farmaci per la cura del diabete di tipo 2. Agiscono a livello del tubulo renale riducendo il riassorbimento di glucosio e sodio con conseguente aumentata escrezione di zucchero con le urine. Già dopo i primi trials clinici ci si è accorti che l’efficacia andava oltre il controllo metabolico, verosimilmente grazie ad un effetto diretto a livello cardiovascolare.
Lo studio condotto dai gruppi di lavoro delle università romane Tor Vergata e Cattolica, guidati rispettivamente da Manfredi Tesauro, endocrinologo, professore di Medicina Interna all’Università di Tor Vergata, e da Carmine Cardillo, professore di Medicina Interna all’Università Cattolica, che portano avanti una collaborazione ventennale, ha dimostrato il meccanismo di azione con cui il canaglifozin agisce a livello vascolare su arterie estratte dal tessuto adiposo viscerale di soggetti obesi.
Questa nuova classe di farmaci antidiabetici ha effetti importanti non solo sul controllo metabolico, sul peso corporeo e sulla pressione arteriosa, ma determina anche una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari e della relativa mortalità nei soggetti trattati rispetto al placebo. Da qui il crescente interesse per questa nuova classe di farmaci, che hanno, inoltre, il vantaggio di poter essere somministrati per via orale e non iniettiva.
Per i pazienti diabetici – dice il professore Tesauro – emerge così un duplice beneficio, visto che gli elevati livelli di glucosio provocati dal diabete generano conseguenze proprio a livello cardiovascolare. Questo farmaco infatti migliora sia la glicemia, con un’incisiva azione metabolica, e, parallelamente, produce un effetto cardioprotettivo. L’efficacia è tale che questa classe di farmaci comincia a suscitare interesse anche per il trattamento di soggetti con patologie cardiovascolari come lo scompenso cardiaco anche in soggetti non affetti da diabete”.
“I nostri studi – spiega il professore Cardillo – sono stati effettuati su tessuto adiposo viscerale, ossia quello che circonda gli organi addominali ed è maggiormente responsabile dell’aumento del rischio cardiovascolare nei pazienti obesi. I suggeriscono che nei soggetti obesi l’effetto vasoprotettivo agisce sui meccanismi che collegano l’espansione del tessuto adiposo viscerale alla malattia vascolare”.