Nonostante le diagnosi siano oggi in crescita, l’identificazione dei problemi associati al glutine rimane una sfida nel mondo medico. Ad oggi, sappiamo che l’ingestione di glutine può associarsi ad uno spettro di disturbi piuttosto ampio: dalla celiachia fino a disturbi con eziologia meno chiara, quali la sensibilità al glutine non celiaca o la sindrome dell’intestino irritabile, fino alla dermatite erpetiforme e all’atassia da glutine.
A fronte di 600.000 pazienti attesi considerando la sola celiachia, i più recenti dati diffusi dal ministero della Salute parlano di circa 207.000 casi diagnosticati in Italia, dei quali il 45% concentrato al Nord, il 22% al Centro, il 22% al Sud e l’11% nelle isole, mentre la prevalenza nei Paesi occidentali è di 0,6% di casi confermati istologicamente contro l’1% di casi stimati sulla base
degli screening sierologici.
La maggior parte dei celiaci nel mondo non è diagnosticata. Da qui, l’elevata prevalenza della patologia e le ricadute negative sul piano sanitario di una diagnosi tardiva. Ecco perché è importante diffondere consapevolezza, coinvolgendo sia la popolazione generale che la classe medica, in particolare sul fronte dell’assistenza primaria.
Celiachia: l’importanza di un processo di screening come ricorda il professore Carlo Catassi, professore ordinario di Pediatria all’Università Politecnica delle Marche ed esperto del Comitato Scientifico del Dr. Schär Institute, “Nonostante non siano ad oggi disponibili trial clinici randomizzati e prospettici per poter quantificare i rischi associati ad una mancata diagnosi, la celiachia non trattata può associarsi ad aumentata prevalenza di bassa densità minerale ossea, maggiore rischio di infertilità, di aborti spontanei, di parti pretermine e di neonati con basso peso alla nascita”. A ciò si somma il problema delle carenze nutrizionali: un recentissimo studio di Mayo Clinic ha riscontrato significative carenze di zinco, rame, vitamina B12 e folati in pazienti celiaci neo-diagnosticati.
L’incapacità di far emergere il cosiddetto “iceberg celiaco”, porta a rivalutare periodicamente l’efficacia di azioni di screening di massa sulla popolazione. La pratica attuale, basata sul cosiddetto case-finding, ovvero la ricerca della malattia esclusivamente nei soggetti che presentino sintomi o fattori di rischio (familiarità, deficit selettivo di IgA sieriche, presenza di patologie autoimmuni, sindrome di Down, di Turner e di Williams, potrebbe non essere sufficiente. Di un’azione di screening potrebbero beneficiare anche soggetti con condizioni tra cui: IBS, sintomi gastrointestinali cronici, osteopenia o osteoporosi, atassia o neuropatia periferica, infertilità, epilessia e altro.
Le iniziative del Mese delle Intolleranze
In assenza di un programma di screening sulla popolazione, le campagne di sensibilizzazione svolgono un ruolo di fondamentale importanza. È in questo panorama che si inserisce per l’8° anno consecutivo il Mese delle Intolleranze al Glutine promosso da Schär, leader europeo nell’alimentazione gluten-free: un’occasione unica per accrescere la consapevolezza su queste tematiche e per rispondere con una voce scientifica ai diversi interrogativi che possono sorgere in chi soffre senza trovare un rimedio.
I dati a disposizione dimostrano che campagne di questo tipo forniscono un consistente contributo alla sensibilizzazione della popolazione e della classe medica: oltre ai dati che mostrano un costante aumento di diagnosi (in Italia, + 9-10% ogni anno, negli ultimi 6 anni).
Tra le iniziative, consulti gratuiti in 650 farmacie, articoli, video di approfondimento e live chat con esperti sul sito www.megliosenzaglutine.it, oltre a talk show con esperti in diretta su Facebook, con la possibilità di commentare e porre domande agli esperti in tempo reale.
Per trovare la farmacia più vicina aderente all’iniziativa e per maggiori informazioni è possibile visitare il sito. Gli esperti in Live Chat saranno disponibili per tutto il mese, a partire dal 1° novembre, dal lunedì al venerdì dalle 18,00 alle 21,00.