In Sicilia, il 36% degli assistiti è portatore di una diagnosi di almeno una malattia cronica, quota di popolazione che assorbe il 70% delle risorse per prestazioni sanitarie.
In ordine alla mortalità, al primo posto figurano le malattie cardiovascolari che incidono su oltre il 40% della mortalità regionale, con una percentuale che è superiore alla media nazionale. Più di un terzo delle altre cause di letalità è dovuto a tumori, diabete, malattie respiratorie croniche, tutte patologia che, nella maggior parte dei casi, potrebbero essere evitate.
Di fronte a questa realtà sconfortante, la Società Italiana di Storia della Medicina, presieduta dal professore Adelfio Elio Cardinale, ha promosso dal 3 all’8 aprile 2017, con la partecipazione attiva dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, la “Settimana della Salute in Sicilia”, divisa tra Palermo e Catania, iniziativa dedicata all’informazione, all’educazione e alla promozione della Salute della popolazione dell’Isola, al fine di favorire la sensibilizzazione alla prevenzione primaria e secondaria per il controllo delle malattie croniche evitabili, una maratona della salute che vedrà impegnati più di 60 esperti, che abbracceranno quasi tutto lo scibile della medicina contemporanea.
“Molte condizioni gravi di malattia, oggi in preoccupante aumento, non sono ineluttabili segni del destino, ma condizioni spesso evitabili. Ritengo la “Settimana della Salute in Sicilia” un incontro poliedrico nei temi affrontati, itinerante, di qualità formativa, un sostanziale contributo per migliorare la salute dei siciliani”, osserva il professore Cardinale.
Tra i principali fattori di rischio definiti “modificabili”, si annoverano comportamenti collegabili allo stile di vita (fumo di sigaretta, scarsa attività fisica, alimentazione scorretta) Dallo studio PASSI emerge che livelli di prevalenza nella popolazione regionale di queste errate abitudini sono più elevati che nel resto del Paese. Insomma, i siciliani si fanno più male dei cittadini di altre regioni.
Va detto, che sul piano delle azioni di contrasto alle malattie croniche evitabili, la Regione, è già impegnata col Piano Regionale della Prevenzione 2014-2018 che promuove un’azione di contrasto multifattoriale a queste patologie.
Per l’assessore della Salute della Regione Siciliana, Baldo Gucciardi, da tempo, la cultura della sanità siciliana è ospedalocentrica. Si aspetta il manifestarsi di una patologia per poi curarla.
“Oggi – sottolinea l’assessore – la tendenza inizia ad essere diversa: si comprende che la carta vincente è prevenire la malattia ed è su questa strada che va il Piano Regionale di Prevenzione, con l’utilizzo di strategie indirizzate alla popolazione. Vanno diffusi programmi di promozione alla salute, in particolare incentrati sugli stili di vita, nell’evidenza che l’insorgenza di molte malattie è evitabile. È in quest’ambito culturale, informativo e formativo, che si inserisce la “Settimana della Salute in Sicilia”, allo scopo di promuovere, tra la gente dell’Isola, la sensibilizzazione alla prevenzione primaria e secondaria e il contrasto ai fattori di rischio modificabili”.
“La Promozione della Salute, diventa giorno dopo giorno, una delle voci più importanti delle attività sanitarie nella nostra regione”, sottolinea Salvatore Giglione, dirigente generale del Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio epidemiologico dell’assessorato regionale della Salute.
E l’asserzione che il futuro sta nella prevenzione, trova conforto nella dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che indica l’86% dei decessi, il 77% della perdita di anni di vita in buona salute e il 75% delle spese sanitarie in Europa, compresa l’Italia, causati proprio dalle patologie cardiovascolari, tumori, diabete mellito, malattie respiratorie croniche, che hanno in comune fattori di rischio modificabili, quali il fumo di tabacco, l’obesità, il sovrappeso, l’abuso di alcol, lo scarso consumo di frutta e verdura, la sedentarietà, l’eccesso di grassi nel sangue, l’ipertensione arteriosa.
“Formare la popolazione alla prevenzione non è opera facile. Per attivarla, occorre che le abitudini corrette divengano abitudini di vita nei cittadini”, dice Francesco Vitale, preside della Facoltà di Medicina dell’università di Palermo.
Per Ignazio Tozzo, dirigente generale del Dipartimento pianificazione strategica dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana, occorre penetrare sempre più nel tessuto sociale per fare assumere ai cittadini la consapevolezza che la tutela della loro salute si fonda su una corretta prevenzione, un risultato che deve vedere protagonisti i medici di famiglia, la scuola, le associazioni di volontariato e la rete civica della salute, oltre che Regione e Asp”.
Diversi studi epidemiologici sui fattori di rischio evitabili dimostrano come questi si distribuiscono in maniera molto differente nella popolazione. Figurano in maniera più diffusa tra le persone delle classi socio-economiche più basse, le quali hanno una mortalità e una tendenza ad ammalarsi maggiori rispetto a chi, socialmente ed economicamente, si trova in posizione più avvantaggiata.
Rispetto al resto del Paese i siciliani fanno poca attività fisica, presentano una maggiore frequenza di obesità, non rispettano sempre, come sarebbe richiesto, i divieti di fumo nei locali pubblici, nei luoghi di lavoro o gli obblighi di indossare le cinture di sicurezza in automobile. E ancora pochi sono coloro che, tra la popolazione anziana o a rischio, si vaccinano contro l’influenza, mentre un fattore positivo è il miglioramento del ricorso alla diagnosi precoce oncologica.
“La crescente diffusione delle malattie croniche, rappresenta la maggiore sfida per il nostro sistema sanitario. Continuare a intervenire solo in assistenza non è più sostenibile. Occorre investire in prevenzione, appropriatezza e qualità”, sostiene correttamente Salvatore Scondotto, dirigente del dipartimento attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico della Regione.
Si dice d’accordo il dottore Salvatore Requirez, dirigente del dipartimento attività sanitarie dell’assessorato della Salute, che riferisce come “Da tempo le Unità di Promozione della salute delle Asp chiedono regole univoche e riferimenti accreditati. Ora il quadro normativo è stato completato e ci si augura una risposta adeguata”. E ammette che dato i diversi sistemi organizzativi, “Occorre una mini rivoluzione culturale interna al sistema”.
Molte sono le malattie prevenibili con la vaccinazione: dalla menigite, al morbillo, parotite, rosolia, pertosse, alle infezioni da pneumococco, da rotavirus, da Herpes Zoster, all’epatite B, alla varicella, al papilloma virus umano (Hpv), causa di cancri ano-genitali. Tutte malattie che possono causare problemi anche gravi, talora mortali. La vaccinazione è il solo mezzo per assicurare l’immunità. Purtroppo, per una serie di paure generate dall’ignoranza e dalla malafede, contro le evidenze scientifiche, la profilassi vaccinale è in calo. Un delitto. Anche l’indispensabile vaccinazione antinfluenzale negli anziani (età pari o superiore ai 65 anni) non raggiunge i limiti di copertura. E i morti per cause legate all’influenza, ogni anno, non sono pochi.
Occorre dire che la campagna antinfluenzale negli anziani nel 2016 è andata meglio di quella degli anni precedenti, a dimostrazione che qualcosa sta cambiando, mentre le mamme dovrebbero appoggiare di più la profilassi vaccinale, anche nell’ambito dell’Hpv, dove i numeri sono bassi, anche perché è oggi disponibile un vaccino efficace contro 9 tipi di papilloma virus.
“Nel 2016, gli sforzi di tutti gli operatori interessati ha consentito una netta inversione di tendenza in merito all’accettazione del vaccino antinfluenzale nei soggetti anziani che sono passate dal 49,4% del 2015, al 53,33% del 2016. Forte anche la richiesta per la vaccinazione anti-meningococco e la pronta risposta dell’Assessorato della Salute, con l’estensione dell’offerta vaccinale gratuita a tutti i giovani fino al compimento del 30° anno di età”, sostiene Mario Palermo, responsabile del Servizio 4 Igiene Pubblica e Rischi Ambientali dell’Assessorato della Salute della Regione.
Una delle giornate della “Settimana” è dedicata a un problema molto delicato, purtroppo in aumento, e che va trattato con estrema sensibilità e competenza: il benessere mentale nei bambini, negli adolescenti e nei giovani. I primi anni di vita sono cruciali per la promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi mentali, poiché fino al 50% delle patologie psichiatriche dell’adulto iniziano prima dei 14 anni d’età. Il numero di adolescenti in condizioni di disagio psicologico, che potenzialmente può sfociare in disturbo vero e proprio, rappresentano il 7-8% della popolazione giovanile.
La salute mentale, come altri aspetti della salute generale, può essere influenzata da un’ampia gamma di fattori (status economico e lavorativo, livello di scolarità, standard di vita, salute fisica, coesione familiare, discriminazione, violazione dei diritti umani ed esposizione a eventi avversi come violenza sessuale, abuso e trascuratezza). Poiché nei contesti scolastici si svolge una parte cruciale della vita dei ragazzi, sia in termini di quantità di tempo che di importanza del potenziale formativo e relazionale, è in tale ambito che bisogna moltiplicare le azioni a valenza preventiva. A titolo di esempio, basti citare il fenomeno del “bullismo” a scuola, che è oggi uno dei problemi più diffusi. Vivere questa esperienza ha un diretto effetto negativo sulla salute e sul benessere mentale degli studenti e influenza negativamente anche i processi di apprendimento e i risultati scolastici. “Il ruolo della scuola nella promozione del benessere mentale dei bambini e degli adolescenti è fondamentale. Può essere realizzato sia in ottica preventiva, promuovendo le capacità di resilienza di ciascuno attraverso la buona integrazione nel gruppo-classe, sia intercettando precocemente tutti quei segnali di disagio che necessitano di interventi multidisciplinari mirati. Fondamentale è creare nella scuola un profondo clima collaborativo con la famiglia e con i servizi sanitari per sviluppare piani d’intervento in grado di creare una rete di “contenimento” positivo intorno al minore in situazione di difficoltà”, spiega Maurizio Gentile, psicologo, coordinatore dell’Osservatorio sulla dispersione scolastica, USR Sicilia.
I maggiori fattori di rischio da evitare
Sedentarietà
Il 43% dei siciliani è completamente sedentario. La sedentarietà è più diffusa nei 50-69enni, nelle persone con basso livello d’istruzione, in quelle con maggiori difficoltà economiche e negli stranieri. Non sono emerse differenze significative tra uomini e donne.
Fumo
Il 29% della popolazione è fumatore, in particolare il 27% sono quelli che fumano tutti i giorni. L’abitudine al fumo è significativamente più alta negli uomini che nelle donne (33% versus 24%); tra le persone che non hanno mai fumato prevalgono le donne (67% versus 48%). L’abitudine al fumo è risultata più elevata nei 25-34enni (35%), nelle persone con titolo di scuola media inferiore (34%) e in quelle con molte difficoltà economiche (34%). I fumatori abituali hanno dichiarato di fumare in media 13 sigarette al giorno.
Soprappeso e obesità
In Sicilia la prevalenza di persone in eccesso ponderale (sovrappeso e obeso) è pari al 47%, valore superiore a quello del resto del Paese (42%).
Diabete
Sovrappeso e obesità l’eccesso di diabete che si registra nella nostra regione.
In Sicilia la prevalenza nella popolazione generale per tutte le fasce d’età, che è tra le più alte del Paese, è del 5,7% (fonte ISTAT), e quindi superiore rispetto alla media nazionale (4,6%).
In particolare, nella fascia da 18 a 69 anni (secondo i dati PASSI) i siciliani che sanno di essere diabetici sono il 6% della popolazione (circa 275.000 persone).
La Sicilia si pone tra le prime tre regioni a maggiore diffusione in tale fascia di popolazione insieme alla Campania e alla Calabria.
Tra le sfide alle quali è chiamato a rispondere il sistema sanitario c’è sicuramente il diabete, una delle malattie croniche a più rapida crescita, che in Italia colpisce circa 3.600.000 di persone e che entro il 2035 sfiorerà in Europa il tetto dei 70 milioni di pazienti, contro gli attuali 52 milioni.
Dei pazienti, solo 1 su 3 ha un adeguato controllo del diabete mentre gli altri vanno incontro alle complicanze della malattia: si stima che il 50% dei pazienti muoia a causa di malattie cardiovascolari, il 10-20% per insufficienza renale, mentre il 10% subisce un danno visivo. Tra le persone anziane con diabete di tipo 2 gli eventi cardiovascolari legati alle complicanze della malattia sono la principale causa di mortalità: il 70% dei decessi in questa fascia d’età è dovuto ad un evento cardiovascolare, in primis infarti e ictus. Altissimo l’impatto economico per il Servizio Sanitario.
Tumori
Nell’Isola. si stimano 165.530 soggetti con pregressa diagnosi di tumore in qualsiasi sede (escluso la pelle non melanoma), pari a oltre il 3,0% dell’intera popolazione siciliana, valore che può essere confrontato con il dato AIRTUM. Tale numero è in continua crescita per svariati fattori tra i quali l’invecchiamento della popolazione, la diffusione degli screening per la diagnosi precoce di alcuni tumori (mammella, colon-retto, cervice uterina, ecc.), e i miglioramenti nella sopravvivenza dal momento della diagnosi di tumore. Ogni anno, in Sicilia, vengono diagnosticati in media 22.667 casi di tumori escluso la pelle di cui 12.183 (53,7%) casi fra i maschi e 10.484 (46,3%) casi fra le femmine sull’intera popolazione siciliana.
Tra gli uomini le sedi tumorali più frequenti sono risultate: la prostata (16.236 nuovi casi pari al 16,8% di tutti i tumori), il polmone (15.141 casi, con il 15,7%), la vescica (12.981 nuovi casi pari al 13,5%) e il colon-retto (12.499 casi, 13,0%). Per le donne, invece, le sedi tumorali più frequenti risultano la mammella (con 23.386 nuove diagnosi e una percentuale del 28,7%), il colon-retto (10.861 casi 13,3%), la tiroide (5.369 casi 6,6%) e il corpo dell’utero (4.391 nuovi casi pari al 5,4%). L’incidenza nelle età, fino alla fascia 55-64 anni, risulta più elevata per le donne a causa del tumore della mammella, mentre si ha un’inversione di tendenza a sfavore degli uomini nelle fasce di età più avanzate a causa del tumore della prostata e del polmone. In media, il tasso di incidenza (standardizzato sulla popolazione europea) per il totale dei tumori (esclusi la cute non melanoma), è tra gli uomini più basso del 14% al Centro e del 20% al Sud rispetto al Nord e del 10% al Centro e del 19% al Sud per quanto riguarda le donne.