Uno studio condotto dai ricercatori del Gruppo Annali AMD su oltre 27.000 pazienti italiani affetti da diabete mellito di tipo 2, pubblicato dalla rivista Medicine, ha identificato i fattori di rischio specifici delle due manifestazione di danno renale: sesso femminile e trigliceridi sono predittori più potenti di riduzione del filtrato glomerulare (FG). Sesso maschile, alti livelli di emoglobina glicosilata e bassi livelli di colesterolo HDL sono invece predittori più significativi di albuminuria (aumentata escrezione di albumina nelle urine). In un’ulteriore pubblicazione, apparsa sul Journal of Hypertension, i ricercatori AMD hanno dimostrato che i pazienti che non riescono a mantenere valori di pressione arteriosa inferiori a 140/85 hanno un rischio aumentato di sviluppare .
La malattia renale cronica nei pazienti con diabete è la prima causa al mondo di insufficienza renale terminale con necessità di dialisi o trapianto renale oltre che un fattore di rischio indipendente di malattia cardiovascolare (infarto o ictus).
“Lo studio prospettico, ottenuto grazie all’analisi del database degli Annali AMD cui partecipano la gran parte dei centri di diabetologia Italiani, aveva l’obiettivo di indagare i fattori di rischio che condizionano lo sviluppo di danno renale, per indicare al diabetologo su quali variabili cliniche concentrare il suo intervento preventivo o terapeutico affinché il paziente sia protetto dallo sviluppo di questa complicanza”, sottolinea Salvatore De Cosmo, Direttore Dipartimento di Scienze Mediche, Responsabile S.C. di Medicina Interna-Endocrinologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG), corresponding author dello studio apparso su Medicine.
“I risultati – prosegue De Cosmo – hanno mostrato che il 33% dei pazienti (senza manifestazioni di danno renale al baseline), dopo 4 anni ha sviluppato la complicanza, il 10% con riduzione del filtrato glomerulare, il 18% con albuminuria e il 4.5% con entrambe le manifestazioni. È emerso che, a parte un set di fattori di rischio condiviso dalla riduzione del FG e dall’albuminuria, come l’età, l’incremento di peso corporeo, la dislipidemia, l’intensità del trattamento antipertensivo e ipoglicemizzante, vi sono fattori di rischio peculiari per la singola manifestazione di danno renale. Il sesso femminile e i livelli dei trigliceridi erano predittori più potenti di riduzione del FG, mentre il sesso maschile, più alti livelli di emoglobina glicosilata (espressione di scompenso del diabete) e più bassi livelli di colesterolo HDL erano predittori più potenti di albuminuria. Queste nuove evidenze suggeriscono che riduzione del FG e albuminuria individuano due differenti meccanismi patogenetici, e quindi il controllo di queste due condizioni necessita di due approcci differenti e possibilmente complementari”.
Il lavoro pubblicato sul Journal of Hypertension ha invece indagato l’effetto del controllo della pressione arteriosa sull’incidenza di malattia renale cronica nel diabete tipo 2. “Anche questo studio è stato condotto nel corso di 4 anni di follow-up in pazienti diabetici e ipertesi afferenti ai centri antidiabetici AMD”, illustra Roberto Pontremoli dell’Università degli Studi IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino-IST di Genova. “Mentre è risaputo che la terapia antipertensiva è in grado di ritardare lo sviluppo e la progressione della temibile complicanza renale del diabete, non erano fino ad oggi disponibili dati sull’incidenza di malattia renale cronica derivanti da ampie casistiche di pratica clinica ‘real life’. Nello studio è stato valutato l’andamento della funzione renale in base al controllo pressorio nel tempo. È stato dimostrato come i pazienti che non riuscivano a mantenere valori di pressione arteriosa entro 140/85 avessero un rischio aumentato di sviluppare malattia renale cronica e, nello specifico, mostrassero una maggiore riduzione dei valori di Filtrato Glomerulare e un aumento dell’albuminuria rispetto ai pazienti con buon controllo pressorio. Questi risultati sono di notevole importanza pratica per i medici e per i pazienti diabetici perché dimostrano che il raggiungimento e il mantenimento di ottimali valori di pressione arteriosa, ottenibili con associazioni di farmaci a basso costo e ormai ampiamente utilizzati nella pratica clinica, è in grado di impattare favorevolmente sulla prognosi renale dei pazienti affetti da DMT2 e ipertensione”.
“Il valore di questi studi riconferma come gli Annali AMD non siano solo un articolato database, costruito a partire dall’esperienza di 300 Centri diabetologici, che permette di fotografare la qualità dell’assistenza nel nostro Paese”, commenta Nicoletta Musacchio, Presidente AMD. “Essi rappresentano anche un prezioso strumento al servizio della ricerca scientifica, permettendo di sottoporre le ipotesi della letteratura alla verifica della pratica clinica ‘real life’”.
“Questi dati – aggiunge Paolo Di Bartolo (Ravenna), coordinatore Gruppo Annali di AMD – motivano il rinnovato impegno di AMD in questa direzione. È stata, infatti, già avviata la nuova campagna Annali AMD che ha come obbiettivo la valutazione della qualità della cura a favore delle persone con diabete e che da quest’anno sarà strutturata come studio prospettico osservazionale della durata di 10 anni. Tale iniziativa permetterà, inoltre, analisi di approfondimento su specifici aspetti della malattia, quali l’appropriatezza e l’inerzia terapeutica. Sono oltre 100 i centri del nostro Paese che hanno avuto l’autorizzazione dai propri comitati etici e stimiamo, entro le prossime settimane, di raggiungere un numero complessivo pari ad almeno 150 servizi di diabetologia e 250.000 pazienti. Ciò configurerà questa iniziativa di AMD come uno dei più grandi studi in diabetologia sulla qualità della cura a oggi condotti”.