Alcuni lo paragonano ad uno “tsunami”, altri ad una “tempesta” o al “mare mosso”, alcuni ne parlano come di un “debito che, nonostante gli sforzi, non potrà mai essere ripagato”, altri lo vivono come “un buco nero che divora la forza fisica e mentale se ci si lascia andare”, per alcuni è come “un gemello siamese a cui si è indissolubilmente legati” mentre per altri è “come un interruttore che spesso costringe a rallentare il proprio percorso di vita”. Queste sono solo alcune delle immagini che più di 131 pazienti affetti da β-Talassemia trasfusione-dipendente hanno utilizzato per descrivere la loro condizione di vita con la malattia, durante un’indagine sui pazienti su scala nazionale realizzata – per la Giornata Mondiale della Talassemia – grazie all’aiuto di United Onlus – Federazione Nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare e al supporto di bluebird bio, azienda biotech specializzata nella ricerca e sviluppo di terapie cellulari e genetica sperimentale per la cura di gravi malattie genetiche e alcune forme di cancro.
La Β-Talassemia è una malattia genetica rara del sangue, anche se piuttosto comune nell’area mediterranea e in particolare in Italia, dove si stima che ci siano oltre 6.500 casi e circa 3 milioni di portatori sani. È causata da una mutazione del gene che codifica per la proteina dell’emoglobina, costringendo i pazienti, nelle sue forme più gravi, a ricevere frequenti trasfusioni di sangue e a gestire la malattia non solo per le sue conseguenze a livello fisico, ma anche per ciò che riguarda la salute mentale e l’inclusione sociale.
Non a caso, infatti, l’82% degli intervistati dichiara che la malattia ha un impatto significativo sulla loro vita quotidiana, percentuale che raggiunge il 93% tra gli intervistati maschi. Questo risultato è confermato anche dal numero di giorni trascorsi in ospedale in un anno a causa di trasfusioni e altri controlli, che per il 42% degli intervistati sono stati più di 30 nel corso del 2018 e per il 32% tra i 21 e i 30 giorni. Oltre alle visite mediche e alle trasfusioni, ci sono tutti gli altri obblighi legati alla gestione della malattia, come, ad esempio, l’assunzione di altre cure, le procedure burocratiche e gli adempimenti amministrativi. Infatti, per oltre la metà dei pazienti (51%), tali aspetti richiedono da 1 a 3 giorni al mese. Questo onere si traduce direttamente in tempo sottratto alla vita familiare o di relazione (come dichiarato dal 56% dei pazienti), a sport, tempo libero e vacanze (51%) e naturalmente ad istruzione o lavoro (43%).
Guardando al futuro, emerge la comune speranza di poter “vivere il più a lungo possibile”, “vivere una vita libera da trasfusioni”, poter contare su una “vita libera dalla malattia”. Insomma, il desiderio comune è quello di poter essere guariti o, almeno, recuperare il benessere fisico e mentale messi a dura prova dalla malattia. Quando si tratta di migliorare la qualità della vita dei pazienti, garantire l’ottimizzazione dei tempi all’interno delle strutture per gli esami, le visite, i follow up è una priorità fondamentale per il 77% dei pazienti. Altri aspetti che impatterebbero positivamente sul paziente sono la possibilità di limitare i tempi per gli spostamente verso le strutture di cura (66%) e, in ultima analisi, la possibilità di ridurre il tempo da dedicare ai trattamenti e ai check-up associati alla gestione della malattia (58%).
Inoltre, più di due intervistati su tre (40%) indicano che la TDT ha implicazioni negative sul loro benessere psicologico e sulla loro salute mentale. Quando si tratta di cercare di mantenere un atteggiamento positivo, un ruolo importante è svolto dalla vita sociale con gli amici (70%) e dalla possibilità di coltivare hobby (60%), mentre tra i pazienti si ha una forte percezione che il supporto psicologico messo a disposizione dalle strutture pubbliche sia ancora carente. Il ruolo delle Associazioni di pazienti e degli operatori sanitari è invece fondamentale per l’aggiornamento e la condivisione delle notizie sulla malattia con i pazienti, indicando che tali gruppi sono la principale fonte di informazione. Il 69% si affida infatti alle Associazioni di pazienti, il 57% ai medici e il 44% a Internet.
“Questa indagine ha il grande valore di aver evidenziato aspetti importanti del significato di vivere con la β-Talassemia trasfusione-dipendente, spesso poco conosciuta o sottovalutata. Soprattutto il tempo che viene sottratto alla propria esistenza a causa della terapia trasfusionale: un mese di vita ogni anno che non si potrà mai più recuperare. – ha dichiarato Valentino Orlandi, Past President di United Onlus – E’ altrettanto importante notare che la maggior parte dei pazienti lamenta, sia per gli aspetti logistici che per quelli, ancor più rilevanti, di carattere psicologico, una carenza di sostegno da parte delle strutture pubbliche. Questo testimonia che ci sono ancora molte aree su cui dobbiamo lavorare per rispondere alle esigenze di salute e di qualità della vita dei pazienti”.
In generale, questa indagine rivela che la malattia è associata, nella maggior parte dei casi, ad una zavorra, un peso con cui convivere per il resto della vita. Una vita che non può essere vissuta appieno, in cui si cerca di “sopravvivere” con un forte senso di incertezza e, spesso, di paura per il proprio futuro e quello dei propri figli. Tuttavia, a questa incertezza si aggiunge la speranza che nel prossimo futuro siano disponibili trattamenti definitivi in grado di liberare i pazienti dalle trasfusioni croniche, migliorando così significativamente la qualità della loro vita.
“La nostra vicinanza alla comunità dei pazienti affetti da β-Talassemia trasfusione-dipendente è testimoniata non solo dall’impegno che dedichiamo ogni giorno alla ricerca e allo sviluppo di trattamenti innovativi per questa malattia, ma anche attraverso iniziative che, come nel caso di questa indagine, ci aiutano a comprendere meglio le loro esigenze. La Giornata Mondiale della Talassemia è infatti un momento interamente dedicato a questa patologia e alla comunità dei pazienti ed è una grande opportunità per far sì che si parli di Talassemia in modo che possa ricevere la giusta attenzione non solo dall’opinione pubblica, ma anche dalle istituzioni. – commenta Alberto Avaltroni, Direttore Generale di bio bluebird in Italia – I risultati dell’indagine rivelano, infatti, un quadro in cui c’è ancora un forte bisogno insoddisfatto in termini di salute e qualità della vita ed è proprio da questa consapevolezza che speriamo di poter creare nuove opportunità per i pazienti, con la collaborazione di tutti”.